S' I' FOSSE FOCO, ARDEREI 'L MONDO


lunedì 26 gennaio 2009

Propaganda R.I.C. - Rilanciamo Il Cunnilingus

Un po' di giorni fa mi è capitato di iniziare ad indagare con particolare attenzione su quanto un buon cunnilingus talvolta sarebbe più interessante e anche molto più opportuno di tante parole, oltre che gratificante e salutare.

L'assunto è stato concepito in modo del tutto casuale e per noia, durante una di quelle conversazioni dove, per contenere sbadigli ed evitare la slogatura, piuttosto dolorosa, della mascella, fingendo interesse, la mente è costretta a vagare in altri paradisi del pensiero a puro titolo di sopravvivenza e buona educazione.

Da lì a calcolare quanto spazio al giorno d'oggi venga rubato al cunnilingus è stato un tutt'uno.

Le conseguenze a livello fisico e mentale che si ottengono da situazioni quali la noia, l'obbligo, l'attesa e l'insofferenza sono ben visibili a tutti: stress, insoddisfazione, frustrazione, nervosismo, apatia, tossicodipendenza, irrigidimento dei muscoli, tabagismo, alcolismo e turpiloquio.

Tutte situazioni fisico-emotive altamente lesive che sappiamo con certezza non manifestarsi mai dopo un buon cunnilingus. Dopo il cunnilingus infatti, l'umore risponde in maniera meravigliosa, c'è più allegria, energia, gratificazione, entusiasmo, i muscoli sono rilassati e l'animo è ben predisposto verso il prossimo.

E non è un mero discorso di moralismo, tutto l'apparato organico e nervoso ne risente in maniera positiva e di conseguenza migliorano anche le prestazioni professionali, relazionali, affettive e migliora anche il sistema immunitario.

In un intervallo di lavoro con i colleghi per esempio, al motto “Allora come va?”, fermo restando il concetto di domanda di circostanza, succede che ci si ritrovi ad dover ascoltare una qualsiasi risposta della quale non ci interessa un gran cazzo.

Risultato: noia e insoddisfazione.

Ma se, durante quell'intervallo di lavoro, l'emerito collega, a cui va tanto di articolare la lingua, si concentrasse parallelamente in un maestoso cunnilingus, potrebbe anche continuare e continuare a parlare. Il cunnilingus da parte dell'uomo, infatti, non richiede particolare impegno e, se ampiamente allenato, la sua pratica non esclude l'articolazione di lemmi, dove anzi trova ampio giovamento: un cunnilingus mentre si snocciola la Divina Commedia in cirillico e la lingua si scioglie.

- Allora, come va?

- Un po' di stress, sai, stasera ho un convegno dantesco.

- Ti va di parlarne?

- Sì, mi farebbe un gran bene sfogarmi.

- ...

- Ti va bene lo stesso se invece di sfogarmi, ripeto il discorso che devo fare stasera, così lo ripasso?

- Oh, sì , certo fa' pure.

- ...

A una riunione, per fare un altro esempio, di quelle in cui il capo vuole fare il 'punto della situazione': a metà un cunnilingus rapido, sotto il tavolo. Diminuirebbero sicuramente le assenze strategiche e aumenterebbe la partecipazione, se ne uscirebbe discretamente meglio e senza stress, in relax, evitando così di sfogare la propria frustrazione a casa o con i propri cari.

Altri ambienti dove andrebbe rilanciato il cunnilingus sono gli uffici postali e le stazioni ferroviarie.

In coda per pagare una bolletta, tu hai il numero 67, mentre il display è fermo da mezz'ora al 12, lì dovrebbero organizzare un bel turn over di cunnilingus, in cui a scaglioni di dieci, in relazione all'avanzata del numero, invece di spaparanzarsi sulle poltroncine a maledire le divinità, compostamente, ci si alza e ci si apparta un momento, prodigandosi in un bel cunnilingus. Sarebbe anche più elegante ed educato.
Alla stazione, quando la coincidenza è in ritardo di 45 minuti e tu ce l'hai nel culo e ti rinchiudi nella sala d'aspetto ad inveire contro i santi, sarebbe interessante invece la Sala C. (Sala Cunnilingus) dove rilassarsi nell'attesa, senza più che un ritardo ferroviario rischi di compromettere il sistema nervoso o conduca al collasso.

Nella sala d'aspetto del medico condotto, invece di sentir parlare della prostata del marito della cugina della zia della vecchietta che si deve misurare la pressione: via! Un cunniliungus gentilmente offerto dal informatore medico-scientifico Bayer, anche lui in fila e con una mezz'ora buona ancora da aspettare. Quanti litigi si eviterebbero nelle sale d'aspetto dei medici condotti!

Durante una visita di cortesia, al caffè in un pomeriggio piovoso, in libreria, in fila al supermercato, dal notaio: un cunnilingus e la giornata avrebbe tutto un altro aspetto, facendoci rifiorire, stirare le rughe d'espressione, acquistare un'altra luce e un'altra carica per affrontare il resto della giornata.

Non lo dico come una provocazione, sia chiaro, ma come una constatazione puramente osservativa. Si provi a pensare se ogni situazione noiosa e stressante della vita di tutti i giorni potesse essere attesa e sostituita con un cunnilingus: la qualità della vita ne gioverebbe.

Con un cunnilingus penso si potrebbe salvare anche il mondo, se fatto bene.

- Senti Tzipi Livni, questi dell'emergenza umanitaria, che facciamo, li fermiamo?

- Non so, dovrei pensarci.

- Devi pensarci?

- Sì.

- Allora ti faccio un cunnilingus

- Sì.

- ...

- ...

- Allora falli passare vai, così mi metto a pensare anche a come farli digerire a Olmert.

-...


Misteri del Transfert

Io sono la Principessa murata viva nella guglia C dell'ala Ovest del castello e Mister B. è il mio San Giorgio che mi libera dal drago cornuto, mi trae in salvo e poi possiamo anche industriarci per fare qualche cosa, che ne so, magari sesso.

domenica 25 gennaio 2009

Tu chiamale se vuoi Illusioni

Avevo giurato a me stessa che non l'avrei fatto più, non avrei fatto più l'opinionista della situazione, non avrei detto più nulla.

Tintoretto, Venere

Avrei vissuto ai margini delle circostanze, incurante di tutto, dedicandomi sfarzosamente all'edonismo puro per assorbire fino in fondo gli ultimi avanzi di una opulenza democratica che tra poco non avremo più.


Goya reinterpretato, La democrazia che mangia il Popolo

Avevo giurato che mi sarei abbandonata mollemente sui resti di un paesaggio-capriccio e mai più avrei rigettato opinioni alla Mediaset, tributando invece il dovuto spazio al popolo della briscola e del gotto di vino.

Guardi, Capriccio

Invece non ho resistito ed ho letto il rilancio sardo di Berlusconi dell'esercito e 3 mila soldati in più per le strade, di cui avevo già detto con il mio alter ego.

Due parole, decontestualizzate, trite e ritrite, per assaporarne veramente la venefica essenza.

Rimane una Trilogia della Villegiatura, con attorno un fiume di disoccupazione, un blocco del prestito (finalmente) e la povertà, dove secolarmente ha sempre interagito un esercito, sordido come non mai questa volta, alla faccia dei Lanzichenecchi.

Il '900 ci ha lasciato l'accelerazione della mostruosità.

Australopitecus Ròbot


Che in chiaro stato confusionale ha invertito decisamente i confini dei valori.

Riiniziano così i tempi delle Streghe e Vacche Magre, che deambuleranno smarrite per le strade, insieme ad un popolo di formiche a cui un dio stronzo ogni tanto si diverte a mettere un sassolino all'ingresso del formicaio, a buttare giù una galleria o chiudere un passaggio.


[Oh Santo il Cielo, ella gesticolò. Una serata con un assessore ambizioso ed una con un economista spirituale e mi sono ridotta così.]

E' una semplice questione di scelte. E non sono poi mica così tanto distanti dal nostro viver quotidiano.

Sono solo due mondi che si scontrano.

I.

Assessore [con la totale incapacità di gestire un approccio, Christian de Sica, sciarpetta bianca su lupetto nero] La prego, la prossima volta Si ricordi: [puntini di sospensione] l'approccio è come una partita a carte e Lei è come avesse giocato a carte scoperte. L'asso nella manica dell'auto blu con l'autista, lo potrebbe usare forse con una fans della de Filippi. Effettivamente, conoscendo bene la mia corruttibilità, ha giocato una carta mediamente buona, paventandoCi l'idea dell'isola privata tropicale, ma Uccelli di Rovo e Paradise sono ricordi della mia adolescenza; anche se lo ammetto, in quel momento Le ho guardato le mani, ma mi sono accorta con troppa rapida delusione che le Sue dita [direttamente proporzionali a] erano troppo corte. Quando poi ha percorso due volte un quarto di città, con la scusa di un posteggio, poteva anche sembrare una cosa romantica, se non avesse attaccato con la storia della crisi coniugale. Eh no, certe cose non si fanno, Assessore. Nella vita ci vuole più fantasia: dita più lunghe e meno SUV.

Ma a me Terrorista, no, non me lo doveva dire.

II.

Allora ho intensamente preferito bere uno strano liquore casalingo, insieme all'economista spirituale, mentre quella 'santa donna' di sua moglie innaffiava il lievito madre, nella sua madia superaccessoriata, ché quella santa donna il lievito se lo sa fa da sé e ne registra la crescita come fosse un figlio.

Parlando di come fermare il pensiero, di come svuotare la mente per ricaricarsi.

Di come il mondo fosse semplicemente al collasso e di quanto dolce fosse collassare assieme a persone meravigliose come quelle di Arcipelago SCEC.

Di quanto fosse incredibilmente più emozionante tuffarsi in questa follia di Don Chisciotte. Di quanto fossero più emozionanti due adolescenti alle prese con Plauto e l'Inter e la polvere della farina. E una casa in collina, con l'energia che volteggia e si dà un anno di tempo, un anno ancora.


Per rifare un confine ai valori.

Ma quanto è bella la crisi economica!


P.S. Quando voglio sapere quale terribile destino attenderà i deboli di mente, vado in libreria e guardo se Alessandra Arachi ha pubblicato un libro. La Alessandra Arachi è il vaticinio dei prossimi disturbi mentali, quelli che a breve andranno per la maggiore, insomma. Nel suo ultimo libro ha lanciato il suo accorato appello affinché venga divulgato e praticato serenamente l'elettroshock.

E come dice Pierluigi Paoletti: that's all folks!


venerdì 23 gennaio 2009

Va bene, lo so, sono malata. Ho anche il certificato medico

Ma stasera c'è la cena strappalebudella / stramazzailfegatogiàall'antipasto con i Soliti Sospetti ed io vorrei proprio tanto andarci [tanto per non passare da quella che se la tira] e finirò i miei giorni in prigione.

Previsioni

Benché non del tutto completamente rimessa, alle 21.00 ora locale con:

impermeabile flasher,
capello Tenente Colombo
occhiale da sole mosca in notturna

andrò all'appuntamento-ritrovo partenza-smistamento macchine.
Ma astutamente e per non dare nell'occhio, vi giungerò solo percorrendo vie secondarie, sconosciute, impraticabili e buie.

[Quelle dove scopri sempre -ripeto: sempre-

abitare il collega cornuto/spia del [cazzo] capo,
che sta cercando l'accendino, ma non lo trova e l'unico passante sei tu.

E benché dall'apparenza non raccomandabile, egli chiederà:

Egli - Scusa hai da accendere?

Me – Sì.emrr [camuffando prontamente la voce]

Egli – Grazie

Me - Attento che la fiamma è un po' alta! Ehmrrgr [per condurlo su altri pensieri o allarmi involontari cervelletto-corpo-attenzione]

Ma la fiamma alta, illuminerà il mio viso.

Egli - Ma tu sei Melisenda L. quella malata? anche se c'erano tre -ripeto: tre - riunioni importanti.

[Che sfiga, proprio nei giorni di malattia.]

Me – No, ti sbagli. Hai un dieci euro? Faccio l'accattona [per depistare]

Egli – No. [i lucchesi a volte son più tirchi dei genovesi – mossa astuta, ma sbagliata]

Ancora Egli - Tu sei proprio lei!

Segue fuga, rapida, inseguita dalla risata diabolica di Egli.

Prolessi: l'indomani egli andrà dal capo e mi sputtanerà.
[Mentre io sarò a smaltire la sbornia bestemmiando, a giurare su mia nonna che non berrò più, mai più, altro che non sia acqua demineralizzata]

Ma la mia parola varrà quanto la sua (di egli) mi ripeterò, mantricamente:

Tra Me e Me - Ed io ho anche le tette, egli no, anche se non enormi, ma non è la quantità, bensì la qualità.

Mi ripeterò, mentre raggiungerò i Soliti Sospetti.

Intermezzo: smistamento macchine

Di norma non mi fanno guidare. Non tanto per l'andata, dice, quanto per il ritorno. Pare che io confonda ed inverta le corsie di marcia, ma solo al ritorno, ripeto: solo al ritorno.

Cena

Andremo in un posto dove ci sarà sempre -ripeto: sempre- qualcuno che non mi deve vedere.

[Esempio uno: tutti i colleghi stronzi che hanno organizzato una cena e ovviamente non mi hanno invitato, ma che confermeranno le accuse di Egli. Esempio due: tutto il parentado del capo a festeggiare il cuginetto che si è appena laureato e ci sarà anche il fotografo che fornirà prove schiaccianti contro di me.]

Io allora dovrò industriarmi per gonfiarmi le tette, una quarta/quinta, credo possa bastare.
[Invalidanti lo so, ma con tappo di sicurezza per gonfiarle-sgonfiarle ad uso e consumo.
Gonfie: capo;
sgonfie: guardarmi se le scarpe sono uguali;
gonfie: capo;
sgonfie: saltare sul tappeto elastico.]

Ritorno

Ci fermerà la pattuglia della polizia:

PP – Quella là dietro, nascosta nel bagagliaio. Non c'è bisogno nemmeno dell'etilometro! Anche se non guida, ma in che stato è? Scenda! Documenti!

[Mentre io con astuzia trafugherò il portafogli di uno dei Soliti Sospetti ignoti]

PP - Questa foto non convice.

Me - Era prima che mi rifacessi il look

PP - Oh davvero! E come ha fatto a farsi ricrescere tutti i capelli!

Me - Misteri tricotici. Le interessano?

PP - Ma è anche enormemente meno robusta.

Me - Enormemente lo so e mi sono anche rimpicciolita. Ma nella vita si cambia, lo sanno tutti.

PP - E si chiama Manlio?

Me - Sì, era prima dell'operazione.

Finale

Brunetta in prima pagina esultante, con le mani levate al cielo, in un misto tra Santo ed Esorcista, ripreso dal basso e con una luce aureolica tutt'attorno.

[Applauso di quasi tutti gli italiani.]

Mi strapperanno il contratto di lavoro e tutti i diplomi che ancora non ho appeso perché non ho uno studio idoneo e mi faranno le foto segnaletiche, che di profilo vengo anche male, che finiranno su internet e mi vedranno tutti e sarò costretta all'esilio finendo i miei giorni in una prigione brasiliana, dove altre prigioniere grosse grosse, nere, creole e anche no, non vorranno giocare a carte con me ed io guarderò il cielo dalle sbarre e penserò che forse sarebbe meglio se stasera IO STO a casa.

Finale aperto

Nel carcere brasiliano, c'è la wireless per il portatile senza protezione password?

giovedì 22 gennaio 2009

Vuoto a rendere


Paul Klee, Gefangener (Prigioniero) , 1940


Sento un vuoto dentro, ma un vuoto che ha una forma strana.

Ché la gente i vuoti dentro se li immagina sempre in forme geometriche standard, tipo buchi o cerchi, anche quadrati o triangolari, se uno è più fantasioso, cubici anche.

Dialogo tra due persone con pertinenze quantitative e dimensionali che hanno un vuoto dentro:

A - Cazzo, ho un vuoto circolare dentro.
B - A chi lo dici? Io ho un vuoto pentagonale qui, all'altezza dello stomaco.
A - Ma non lamentiamoci, poteva andare peggio, dice che i vuoti eptagoni sono i peggiori.
B - Hai ragione e comunque anche i poliedri equicuspidi vuoti sono abbastanza fastidiosi.

Il mio vuoto invece no, il mio vuoto ha una forma più strana, il mio vuoto è nome, viso, naso, capelli, braccia, mani e piedi, parole, pensieri, desideri e dolori, lontananza e distanza, geografia, tempo, vento, età, colore, bianco e nero, suono, dita, ricordi e attesa, energia, vocabolario e dizionario ed enciclopedia, e libri e musica e poesia, fotografia, e solo un po', ma solo un po', forma cilindrica.

mercoledì 21 gennaio 2009

Ahproposito di Tagli

Cosce con Calze


Come giustificare una fotografia ovvero se non le vedi dove dovresti, guardale qui.

Gentile MisterB,

riconosco di aver fatto il passo più lungo della gamba, cedendoLa a una misera password, e non vorrei aver scalfito il nostro rapporto che oramai dura da anni.

Fatto sta che dopo la rivelazione, che voleva essere piuttosto un memorandum personale, e il nostro fugace incontro, io sono rimasta completamente paralizzata. Muscolarmente bloccata, intendo. Sono alla seconda dose di miorilassanti e il panorama davanti ai miei occhi è pressappoco lo stesso . Sono incricchiata schiena, spalle, collo, colpo di frusta, colpo della strega, piegata in avanti, immobile e non riesco a muovermi.

Riesco a mantenere una certa libertà nell'uso degli arti superiori, ma in quanto al resto l'unica cosa che riesco a vedere al momento è questo.

domenica 18 gennaio 2009

Le ultime memorie di. Quarta e ultima.


Parte Quarta: Almeno so di che morte, morirò.

Comunque, alla fine volevo solo dire che ora io mi devo prendere il gruppo dei peggiori studenti di tutta la scuola e tentare di motivarli allo studio, cosa che io non riuscirò mai a fare. E loro mi faranno incazzare, sbattendomi in faccia il mio insuccesso ed io sarò frustrata. A meno che non succeda un miracolo e i miracoli, si sa, è raro che succedano. Nella scuola, soprattutto.


Così mi munirò di elmetto ed ho deciso che come prima cosa, farò fare un tema di fantasia.

Fantasia e sottolineo fantasia.

Tema

Immagina di entrare in classe domattina e trovare la prof. sottoscritta Melisenda L. uccisa sulla cattedra in un lago di sangue. Esprimiti pure liberamente e se sospetti il colpevole non esitare a segnalarlo. Tutto ciò ovviamente (forse) non influenzerà la valutazione, saranno valutati male solo gli errori di ortografia e i sospetti non fondati, quindi si sappia usare il vocabolario bene. Ricordarsi che tra una virgola e un punto, a volte, è meglio un punto, soprattutto se il periodo è lungo una colonna. Non usare più di tre puntini di sospensione e fare nomi e anche cognomi, non si usino Nick Name.

Almeno so dove andare a parare, qualora per corpo non farmi ferire.

Le ultime memorie di. Terza.

Parte Terza: Sessione di Incoraggiamento prima della fine.

Ovvero anche se le parti che conoscono meglio sono quelle dei saccheggi e dei rapimenti delle schiave per farle diventare loro amanti, per sfogo sessuale insomma.

Io insegno in quelle scuole dove i ragazzi battono i banchi per terra tutta un'ora, dove ti sputano in faccia la loro incazzatura, ti mandano affanculo, ti dicono stronza, non portano mai i libri e durante le lezioni dormono o organizzano come fare casino nella lezione dopo. E tu, come dicono i giornali e la TV, la legge ed i diritti, rischi continuamente di andare a ledere la loro libertà personale se non li mandi a pisciare, almeno ogni dieci minuti.

Ma a volte ci riesco però, a non mandarli a pisciare intendo.

E allora riesco a fare delle lezioni che mi sembrano sedute di ipnosi, almeno per me, che sono così immersa nella parte che non mi ricordo più un cazzo e nemmeno mi accorgo di quel che fanno i ragazzi.

Ma sentirsi chiedere da qualche quindicenne brufoloso che guarda i videoporno scaricati sul cellulare e non ha un idolo, le seguenti cose:

“Ma come muore Achille?”
“Ma poi gli Achei che hanno fatto”
“Ulisse è lo stesso di quello del viaggio?”
“Ah, ho capito, Achille muore perché lo prendono cazzo proprio nel tallone”
“Ma perché sua madre non ce l'ha tuffato tutto nello Stige, idiota, invece di tenerlo per il tallone”
“Come si chiamava l'indovino?”
“Pàndaro scagliò la freccia, che nome di merda. Pàndaro”

Come dire, ecco, saranno pure cose scontate, ma per me son soddisfazioni.

Le ultime memorie di. Seconda.

Parte Seconda: La Fossa dei Leoni è una realtà, non solo una canzone.

Ed anche possibile che io stia solo scrivendo delle grandi stronzate e che del mio lavoro non abbia capito un cazzo. Per di più.

I ragazzi sono incredibili, stanno a scuola, in classe, a lezione nello stesso modo in cui stai tu insegnante, cioè io, parlo di me.

I ragazzi li senti proprio e se tu stai male, loro stanno male e se loro stanno male, stai male anche tu, cioè io. Ed questa è la parte del cazzo: se vuoi sopravvivere, devi essere felice.

Che già è difficile essere felici per se stessi, quasi impossibile, incredibilmente faticoso, ci vuole un durissimo e severissimo allenamento che io, essendo pigra in modo devastante, tra l'altro salto spesso, ma.

Ma. Ma c'è un ma.

Mentre ingannare noi stessi di essere felici è semplicissimo, ingannare i ragazzi non si può.

Lo giuro, non si può imbrogliare, lo so, ho provato e non c'è cazzi: loro risentono del tuo umore e la tua energia, anche se tu non vuoi.

Essere felici per loro significa quindi che, anche se tu non sei felice per te, devi comunque essere felice per loro, sennò ti fanno lo scalpo.

Prima ti sfiancano, poi ti attaccano nel momento estremo di massima debolezza, quindi ti scuoiano e quando suona la campanella, improvvisamente ti lasciano lì, a morire da sola e dissanguata.

Del resto io non credo nemmeno a quei metodi didattici formali che antepongono la freddezza e la logica di un processo di apprendimento in fialetta da laboratorio. Ma essenzialmente perché sono un'insegnante in trincea e non insegno in quelle classi belle e ordinate, insegno in quelle classi dove i metodi da topo di laboratorio non funzionano, mai.

Le ultime memorie di. Prima.

Ultime Memorie di una prof.* da cassetto.


*Appellativo che è solo un eufemismo, ma che suona meglio di “Addomesticatrice da zoo, lancio la palla, riporta la palla bestia feroce!, biscotto”, ovvero come prepararsi psicologicamente alla battaglia e predisporre ordini per la forgiatura della corazza.

Parte Prima*: Prima della Morte.

*Queste memorie saranno divise in tre parti, credo, perché mi pareva simpatico fotografare gli ultimi giorni di vita della mia mente.


Antecedente: ho fatto tutto io da sola, ho deciso io, ho proposto io, ho accettato io e non ho fatto una grinza; ma era pura incoscienza e solo ora me ne rendo conto.

Dato di fatto: prendere gli studenti peggiori di tutta la scuola per motivarli allo studio*.

* è una stronzata, lo so, di quelle che hanno nomi strani come Progetto Per Evitare La Dispersione Scolastica, che è come dire tu: sei un gran figlio di puttana e io lo so, non sarai mai uno studente modello e tu lo sai; ma va fatto: Obbligo Scolastico.

Questi studenti, ecco, io li vorrei portare fuori, in un prato e vorrei stare lì solo ad ascoltarli, perché mi diverto un sacco io, ad ascoltarli.

Quando essi sono lasciati allo stato brado, fanno delle cose davvero incredibili, organizzano un torneo di calcetto da paura, per esempio, ci lavorano per giorni e studiano anche la psicologia dell'avversario. Mi farebbero un culo così, a me; ma anche se volessi parlare di motori, cavalli, come trattare una ragazza o bicicletta, mi farebbero il culo lo stesso, a me.

E invece no, dovrò rinchiudermi con loro in una stanza, a far finta di fare una lezione motivazionale: a prenderli per il culo, insomma; ed il minimo che mi possa aspettare è che loro, giustamente, prendano per il culo me. E questo mi fa incazzare.

Nonostante ciò, anche nella farsa, a me, mi viene paura di non farcela, a fare il mio lavoro intendo, a provare a dare veramente un qualcosina di vagamente importante per loro. E non importante per me o per gli altri.

Un qualcosina però che non so cosa sia.

Perché il mondo degli adolescenti incasinati è un casino, ed io lo so, è un mondo brutto e di merda e delicatissimo, dove c'è tanto spazio per qualcosa e quel qualcosa, insomma, almeno secondo me, dovrebbe essere il meglio per loro.

Ed io non so come fare.

Pubblicità

Di come ho avuto tre Maestri di Fotografia e lui è stato il Secondo, che come posizione secondo me è la migliore, perché il Primo è solo inesperienza ed il Terzo è per dispetto.

Quest'uomo qui, quello che ha venduto i suoi scatti per questo libro qui, io lo conosco da molti anni.
(Quello che ha venduto i suoi scatti, non le parole, che sarebbe stato molto peggio, vendere le proprie parole.)

Vendere i suoi scatti, dice, è come vendere l'anima al Diavolo, ma in realtà lo fa solo per il cibo, sostiene.

Queste foto qui io le ho viste una sera, ancora nei provini delle foto analogiche: era appena tornato da Cuba, dove faceva una mostra e ci siamo incontrati a casa sua a bere vino davanti al fuoco.

Erano ancora provini di quelli con i negativi e l'incognita e l'attesa e la magia e lo studio della stampa, che ora non c'è più e forse un po' mi manca.

Quest'uomo qui è stato il Mio maestro di fotografia. Ma non maestro di un corso (come quelli che fa ora), maestro proprio personale, un aio.

Di quelli che eravamo solo lui ed io a parlare di fotografia.
Di quelli che quando non eravamo insieme, gli telefonavo per parlare di fotografia, e quando non gli potevo parlare, gli scrivevo.

Di quelli che una volta, quando io non ci capivo niente di lunghezza focale, gli facevo i disegni delle lenti e degli obiettivi sulla polvere del cofano della sua macchina.

Di quelli che quando andavo a girar per foto, scrivevo su un quaderno il significato della fotografia che poi lui giudicava, ed io finiva che scrivevo tantissimo e non fotografavo niente.

E dopo lui mi guardava con quella faccia un po' così, come ti può guardare uno che sa già tutto della vita e si diverte a vedere come tu annaspi ché della vita ancora non c'hai capito un cazzo e mai ci capirai.

Di quelli che dire Ti Voglio Bene, non significa abbastanza; dire Ti Ammiro e Ti Stimo e Ti Invidio, non significa abbastanza; dire Ti Amo, non significa abbastanza; dire che ci conosceremo per sempre, non significa abbastanza.

sabato 17 gennaio 2009

Mister B.

Un promemoria o memorandum, che dir si voglia, come il codice del BancoMat memorizzato con il nome di mia zia, ovvero come ricordarsi le password.

In media due volte a settimana, Mister B. mi accoglie nella penombra della sua calda stanza in mezzo al verde silenzioso del parco secolare di una villa rinascimentale (in realtà siamo nella stalla, ristrutturata).

Ogni volta Mister B. mi apre la porta, cerca di mettermi a mio agio -anche se non sempre però- e poi rapidamente, come un fulmine, mi prende, mi rigira come un calzino, mi stuzzica le scuciture, mi raddrizza, mi sbatte vigorosamente e poi mi manda via. Ogni volta. Sempre così.

Ecco, volevo dire, che dopo quasi due anni di frequentazione forse potremmo tentare un passettino avanti e quindi ho deciso di dare il suo nome* a una password e che dopo quasi due anni di frequentazione non è poi così male, come passo avanti, per me.


* Quello vero, non Mister B.

venerdì 16 gennaio 2009

giovedì 15 gennaio 2009

Pittura

"Basta con queste vergini impudiche" disse Kasimir Malevic e fece questo:



Kazimir Malevic: Bianco su bianco (1918)


Poi arrivò l'uomo, e fece questo:








Ugo Mulas ritrae Lucio Fontana. Milano, 1964



E questo:








E questo:








E anche questo:







E questo.

Depistaggio

Compare Melisenda.

Permane Pipoca, almeno sin quando non avrà trovato il sistema di eliminarsi dal programma Blogger senza arrecare danni e senza dissapori.

Se poi son la stessa persona, è lo stesso.

mercoledì 14 gennaio 2009

Dicotomia

[L. Fontana]


Una eccerrima giornata, ovvero perché una donna non si deve sentire in colpa per aver comprato un cappottino, nemmeno poi tanto lungo, di Jean Paul Gaultier e le nuove e sofisticatissime armi chimiche volatili del consumismo. Maledetti governativi. Una volta ho venduto l'armadio per una giacca.

Sono una vittima: sto diventando psicolavabile.

E prima di assumermi qualsiasi responsabilità [quello sarà solo il piano Z], preferisco credere che ci sia una qualsiasi roba che spruzzano nell'aria e che ci stia trasformando in automi-consumisti, lentamente, ma tenacemente.


[Foto di Joel Peter Witkin]

Mi riferisco al fatto che, a mio avviso, da qualche parte, qualcuno ci sta facendo il lavaggio del cervello [sì, lo so, potrebbe sembrare una di quelle ipotesi dei complotti mondiali che spaziano dal falso atterraggio sulla luna alla massoneria, ma non è così]; secondo me c'è veramente qualcuno che sta tentando di assoggettarci con qualche arma chimica sconosciuta che si diffonde invisibilmente nell'aria lavandoci il cervello e rendendoci vittime di una sempre più ampia dicotomia mente-corpo/consumismo.

Mente: di norma pensiamo qualcosa di giusto, qualcosa di naturale, morale, logico, scontato, risaputo, declamato, ne parliamo, in una sorta di proselitismo del corretto e sbagliato, buono e cattivo, bene e male, leale e sleale, diritti e doveri, guerra e pace, abbondanza e carestia. Siamo il target per eccellenza del WWF e dell'UNICEF.

Corpo: spaziamo in una serie di azioni che nulla hanno a che vedere con ciò che pensiamo, anzi sono in totale disaccordo, in totale disarmonia, in completa opposizione. Impassibili, ognuno di noi consuma 20 litri d'acqua buona per lo scarico di un cesso dopo aver fatto un ¼ di litro di pipì e compra confezioni che confezionano confezioncine più piccoline di altre confezioncine in cui c'è una strisciolina di gomma da masticare.


[Foto sempre di Joel Peter Witkin]

Prendi me, per esempio. Stamattina ho scoperto che avevo una ruota dell'auto talmente consumata che si era addirittura spaccata per un lungo tratto curvilineo. Toh! Mi son detta e son cascata dalle nuvole. Onestamente sì, mi sono anche piaciuta: non ho imprecato, non mi sono innervosita, nemmeno una piega ho fatto, non ho nemmeno telefonato a tutta la rubrica per sfogare il disappunto sul mio destino. Ho guidato tranquillamente l'aggeggio dal benzinaio che ha esaminato il caso e mi ha mandato dal gommaio.

E qui è scattata la dicotomia mente-corpo, proprio mentre telefonavo per avvertire dello spiacevolissimo e disdicevole ritardo di un'ora a lavoro (ho un po' gonfiato) per un guasto d'auto, e in un solo quarto d'ora ho speso 140 euro per cambiare due gomme.


Mente: ho provato un po' di afflizione, lo ammetto. 140 euro per due gomme solo per colpa di tutta la strada che devo fare per andare a lavorare, dopo tutto quello che ho dovuto fare, a causa della disorganizzazione totale dell'apparato governativo e amministrativo della Pubblica Istruzione, dei sindacati e anche del CSA.


Corpo: i restanti tre quarti d'ora ampiamente erroneamente previsti nel ritardo, li ho passati a comprare un cappotto di Jean Paul Gaultier [7 ruote nuove ca.], per attutire il colpo basso della ruota. Senza fare una piega.

Quei maledetti governativi. Ci stanno lavando il cervello.

martedì 13 gennaio 2009

Dubbi d'edilizia

Sulla ristrutturazione ed altre amenità esistenziali, dove le porte ovviamente sono solo una facciata.

A volte sono convinta che a me, come cura, ci vorrebbero i Depressivi, dei farmaci cioè che mi deprimano e mi rendano apatica, a tutto. Compreso: tutto.

Se avessi un Depressivo, ora rimarrei perfettamente indifferente a ciò che sto vivendo, vita quotidiana intendo, roba di tutti i giorni, come pomeriggi, cene, telefonate, lavoro, impegni, orologio e noia.

Rimarrei così perfettamente indifferente ed anche un po' obnubilata, da non avere quella fredda e chiara, nitida, esatta domanda del 'cazzo ci faccio, io, qui?'.



Qui: nella surreale esatta geometria dell'ordine.


Sono momenti terribili, sì. Così terribili e così incisivi, che poi devi svagarti, necessariamente, con qualcosa. Perché qualora, nella remota ipotesi, tu avessi il coraggio (o Divinità, non oso nemmeno immaginare). Un depressivo. O il ciclo mestruale. O qui:



Qui: quel posto che non avrò mai, cazzo, il coraggio di ristrutturare, forse.

martedì 6 gennaio 2009


Credo preghino.
Di lato a una Chiesa. Lucca, Gennaio 2009

lunedì 5 gennaio 2009


L'Onore che vince l'Inganno.

venerdì 2 gennaio 2009

Mai, dico mai, girare intorno all'albero in senso orario.



Judy Dater, Imogen Cunningham* & Twinka at Yosemite, California, 1974


* Fotografa che amo.

Ho l'ormone sotto i piedi. Mi sono messa le Jil Sander. Che un conto è dire mi calpesto l'umore con le Bata e un conto è dire mi calpesto con le Jil Sander-tacco scultura. Fa già un altro effetto, insomma.
Quelli del regime mi arresteranno ed io passerò il resto dei miei giorni in un campo di lavoro forzato.
Ho firmato sette petizioni.
Ho fatto l'iscrizione alla LIPU.



Ho ucciso la madre, Freud sarebbe orgoglioso, io un po' scossa.

Oroscopo

Ho Saturno in transito, fino a Ottobre.

giovedì 1 gennaio 2009

Me ne frego del sillogismo del giudizio.
Io Aderisco ad ARCIPELAGO SCEC