S' I' FOSSE FOCO, ARDEREI 'L MONDO


giovedì 20 gennaio 2011

oggi ho sognato di avere le ali
e volavo sul mondo con fagottino a cavallo,

volavo sulle montagne, mentre le strade diventavano piccole e le case lontane,

e fagottino rideva.

giovedì 13 gennaio 2011

Italia mia

Italia mia, non sento nessuno invocarti così, con l'aggettivo possessivo, come tu fossi di nessuno o di altri. Paese mio, qualche vecchio nostalgico forse, che non sa ciò che dice. 

Nessuno ti chiama più con l'aggettivo possessivo. 
E' vero, paese mio, ti hanno venduto.
Ti hanno venduto al peggior offerente, al più delinquente, ti hanno privatizzato e le mani più sudice hanno accaparrato i tuoi frammenti.
scrivo. e provo un immediato senso di sollievo e poi tristezza. (quasi come se fossi capace di scrivere un inno alla patria, io, che non me lo hanno mai insegnato, a me, il senso della patria, io, che non so scrivere)

e poi mi chiedo che senso abbia oggi scrivere.
e leggere.

a volte, quando spiego ai miei studenti di come i grandi scrittori del passato si siano interrogati sul senso della patria, sulla lontananza e la tristezza dell'esilio per esempio, sul ruolo dello scrittore, mi rendo conto di quanta distanza ci sia tra noi e i grandi temi civili, eppure siamo cittadini. 

o forse una patria bisogna perderla  per riconquistarla? oppure globalizzazione significa anche non avere più amore per il nostro paese?

ma la nostra patria ci scorre comunque nelle vene.

apro  il giornale e leggo riga dopo riga la distruzione del mio paese.

e poi con desolazione mi accorgo che l'opinione più trasmessa oggi è quella di alfonso signorini.

alfonso signorini. non più quella di grandi intellettuali che si interrogano sul senso delle cose, della vita. del paese dei suoi fatti e misfatti.

ho un tuffo al cuore, seguito da conati di vomito.

ho un conato di vomito solo al sapere che esiste un personaggio come alfonso signorini. (o un giornalista come emilio fede, del resto)

e non fa differenza chi protesta. 
siamo pieni di proteste noi, saremmo capaci, io per prima, di stare ore ed ore a parlar male dell'italia, della nostra società e mi fa schifo.
ma è soprattutto l'ipocrisia  che mi fa più schifo.

a giro per i blog, migliaia di commenti, tutti uguali, su quanto faccia schifo l'italia e su quanto si sia d'accordo con chi parla male della nostra società. come se la denuncia fosse l'unico strumento di partecipazione. come se la denuncia ci elevasse al di sopra di chi distrugge l'italia e ci rendesse migliori.
la denuncia catartica che ci rende cittadini migliori?

perché lavata la coscienza col proprio bel commentino, che succede dopo? segue l'azione al pensiero?

mi chiedono i miei studenti 'ma cosa possiamo fare noi per questo paese che va in malora allora?'

ed io rimango con un palmo di naso... e mi arrampico sugli specchi dicendo che prima di tutto abbiamo il DOVERE di essere informati e poi... 

e poi mi accorgo che non ha più senso niente.

che il debunking la fa da padrone nell'informazione, che si parla di tutto e niente e niente ha più valore.

conato di vomito.

qual è il valore di scrive, oggi?

lunedì 10 gennaio 2011

III



Erano gli anni in cui qualcuno disegnava fiori sotto la mia finestra che adesso il tempo ha quasi cancellato.


II

Un lungo appartamento fatto di una stanza dopo l'altra, un passaggio dopo l'altro che conduceva all'ultima stanza, la più cupa di tutte, ma anche la più silenziosa,  quella più intima, la più spoglia.

Una doppia, tripla identità, come un'identità per stanza che conviveva e mostrava la sua faccia alterna, una con qualcuno, un'altra e poi un'altra ancora con altri ed altri ancora, ma nessuna falsità.

Solo incapacità.

Incapacità a coesistere con parti interiori meno lucide, meno comuni, più desuete, più lontane. Parti dell'anima diversamente abili, per usare un termine di moda, ma non per questo meno brillanti. Parti dell'anima che scalpitavano, ma che non si riconoscevano in niente e che non mancavano in niente, parti che la mediocrità non riusciva a capire e che ancora non sa accettare.

Erano gli anni della creazione, dei disegni e della fotografia, gli anni in cui bastava una penna ed un foglio per esser felici. Gli anni in cui i vestiti, gli orari, il telefono, mangiare non importava. 
Anni in cui un libro conteneva tutto il mondo.

domenica 9 gennaio 2011

I

Agli occhi di oggi la vita in quel periodo potrebbe sembrare chiusa e noiosa; in realtà, pur cambiando abitudini e modi, i moti interiori sono rimasti sempre gli stessi, intatti nel tempo.

I moti dell'animo, si dice, i moti del cuore, e se oggi trovano una più diretta esplicazione nel reale, allora, pur identici nell'essenza, trovavano uno sfogo meno invasivo: gli avvenimenti segreti incontravano nei falsi pudori una splendida maschera a difendere vacui onori, ma concedere, forse, maggiore libertà di movimento.

Erano gli anni degli studi dell'arte e dell'antropologia, gli anni di un lungo appartamento attraversato da spettri,  spettri benigni che servivano a giustificare qualche spostamento di oggetti e qualche malessere.

sabato 8 gennaio 2011

siamo state qualche giorno da nonna bis, nonna bis, che nella sua memoria cancellata ha ripetuto all'infinito Ciao Amore a fagottino. e un dolore profondo mi accompagna, mi accompagnano lacrime pronte sempre sull'orlo degli occhi.

in questi giorni cupi e caldi ho fatto qualche passeggiata con fagottino, respirando profondamente un posto che oggi come non mai mi appartiene, dove sono cresciuta io, con nonna bis, dove vorrei crescesse fagottino, ad un passo dal bosco. sono andata anche in cantina, dove scatola su scatola è impacchettata la mia vita, in attesa che anch'io trovi un posto dove fermarmi. 

Me ne frego del sillogismo del giudizio.
Io Aderisco ad ARCIPELAGO SCEC